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Sindrome Bandelletta Ileo-Tibiale

La sindrome della bandelletta ileo-tibiale è una tendinopatia molto frequente in tutte le specialità sportive legate al sovraccarico funzionale del compartimento esterno del ginocchio.

Da un punto di vista squisitamente anatomico la bandelletta ileotibiale è un fascio tendineo piatto largo circa 3 cm che si inserisce sulla parte più alta della tibia, lateralmente al ginocchio; viene considerata una continuazione della porzione caudale del tendine del tensore della fascia lata e del muscolo grande gluteo. Alcune fibre curve si connettono anteriormente al bordo laterale della rotula e posteriormente al tendine del bicipite femorale.

La funzione di tale struttura è alquanto controversa; la maggior parte degli Autori le attribuisce un ruolo biomeccanico, ovvero di stabilizzazione della componente anterolaterale del ginocchio.

Questa sindrome è determinata dell’attrito della stessa bandelletta che scivola sull’epicondilo esterno del femore; essa, infatti, si pone anteriormente all’asse del ginocchio quando esso è in estensione e posteriormente ad esso quando è in flessione, cosicché ad ogni passo si ha un continuo movimento antero-posteriore che può determinare una frizione locale (da qui le ulteriori denominazioni di sindrome da frizione o di sindrome “del tergicristallo”). Tale situazione viene notevolmente accentuata nei pazienti con ginocchia vare (gambe ad arco, a parentesi) e, in particolare, nelle attività di allenamento che prevedono rapidi cambiamenti di direzione o lavori di corsa su terreni irregolari, come succede negli sport di squadra (calcio, pallacanestro…) durante la fase di preparazione pre-campionato che generalmente viene svolta in località montane con superfici a fondo accidentato oppure su terreni particolarmente duri. E’ pure frequente nei maratoneti, nei podisti su strada e nei ciclisti.

Il dolore, risultato dell’attrito determinato da flessione ed estensione ripetitiva del ginocchio durante la corsa, si produce in seguito ai fenomeni di irritazione e infiammazione all’interno del tratto ileotibiale, della borsa sottostante e del periostio dell’epicondilo laterale del femore.

Il quadro clinico è rappresentato da un dolore sulla porzione antero-laterale del ginocchio che irradia talvolta sulla faccia esterna della coscia o della gamba. All’inizio il dolore compare dopo molti minuti di corsa o allenamento, in particolare in discesa o in salita; in seguito il dolore diventa sempre più precoce e fastidioso; la sua intensità può costringere l’atleta a sospendere ogni attività, in quanto lo stesso cammino può essere fastidioso.

La diagnosi è nella maggior parte dei casi solo clinica o supportata da un’indagine ecografia; la Tac e la risonanza magnetica danno poche indicazioni a riguardo.

Esclusa la presenza di patologie specifiche a carico di legamenti, menischi o della femoro-rotulea, l’esame può non rilevare nulla di anomalo localmente e solo in alcuni casi individua la presenza di un lieve rigonfiamento circoscritto; la pressione diretta e le sollecitazioni in flesso estensione risvegliano il dolore non solo nei casi acuti ma anche nelle forme croniche.

Posta diagnosi, la valutazione deve però individuare quali siano le cause scatenanti ed i fattori contribuenti per poter predisporre un corretto approccio che non si occupi solamente della riduzione del sintomo ma che consenta anche di adottare i giusti comportamenti e le più idonee procedure rieducative al fine di evitare successive ricadute (molto frequenti in questo tipo di problema).

Un accurato esame dell’intero arto inferiore, del bacino e della colonna diventa essenziale in una visione globale in cui la funzione normale dipende essenzialmente dal buon funzionamento di ogni segmento e da una buona espressione dinamica del movimento.

L’esame deve valutare:

  • lunghezza degli arti inferiori;
  • allineamento degli arti sul piano anteriore e laterale;
  • mobilità dell’anca, del ginocchio, della colonna;
  • estensibilità e forza muscolare;
  • allineamento gamba-tallone;
  • allineamento e funzionalità del piede,
  • ispezione delle calzature,
  • movimento segmentario e globale dell’arto durante il cammino e la corsa.

 

Si devono inoltre prendere in esame le modalità di insorgenza, le modalità di allenamento, i terreni di lavoro e tutto quanto possa rappresentare elemento di aggravamento del disturbo.

Il trattamento in fase iniziale mira alla regressione del dolore e dell’infiammazione locale: oltre al riposo o alla riduzione dei ritmi di allenamento sono spesso utili applicazioni locali di ghiaccio prima e dopo l’esercizio fisico, cicli di terapie fisiche locali (laser, ultrasuoni, correnti antalgiche e terapie di ultima generazione quali la tecar terapia e le onde d’urto) oltre ad eventuali infiltrazioni locali. Associata alla riduzione dei sintomi nella fase acuta il protocollo riabilitativo dovrà indirizzarsi alla risoluzione dei deficit biomeccanici del piede, del ginocchio e dell’anca e dovrà preoccuparsi di lavorare sulle disfunzioni muscolo-scheletriche riducendo, in particolare, le retrazioni muscolo-tendinee spesso molto accentuate in chi soffre di questo disturbo. La ripresa dei normali ritmi di allenamento dovrà avvenire con la dovuta progressione dei carichi e dovrà prevedere terreni morbidi e piani. In generale il trattamento conservativo è risolutivo per la stragrande maggioranza dei pazienti, solo in rari casi si arriva all’approccio chirurgico con una sezione della parte posteriore della bandelletta  o in un raschiamento della faccia esterna del condilo femorale.

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fabioparolini