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Instabilità di spalla

Lussazione abituale di spalla, lussazione recidivante, spalla instabile….sono termini che definiscono una situazione clinica e funzionale in cui si hanno frequenti episodi di “fuoriuscita” della spalla, cioè di perdita dei normali rapporti articolari tra cavità glenoidea (una parte della scapola) e testa dell’omero, a volte associata anche a dolore.

L’instabilità di spalla è una patologia che si riscontra frequentemente nei giovani al di sotto dei 30 anni. Il motivo di questa relativa frequenza è dovuto in gran parte all’anatomia propria di quest’articolazione in funzione della grande ampiezza di movimento che l’arto superiore deve avere per svolgere le attività della vita quotidiana. Questa enorme mobilità richiesta va a scapito di una stabilità che magari altre articolazioni meno mobili possiedono.

Gli individui con problemi di instabilità della spalla si dividono fondamentalmente in due grossi gruppi: con o senza traumi pregressi; nel primo caso siamo in presenza di una spalla normalmente stabile che, in seguito a un trauma, va in contro ad una lussazione (si lacerano quelle strutture legamentose che forniscono all’articolazione una corretta stabilità), nel secondo caso non vi è né la presenza di un trauma importante né la rottura di questi legamenti, ma ci sono tanti piccoli stress che portano a un loro sfiancamento.

Esiste poi anche un’instabilità “fisiologica”, una sorta di lassità costituzionale di questi legamenti. A dare stabilità alla spalla è infatti un complesso capsulo-legamentoso che deve essere sufficientemente elastico da poter permettere un ampio range di movimenti, ma anche sufficientemente contenitivo da impedire la fuoriuscita della testa dell’omero dalla sua naturale cavità.

A queste cause si associano, a volte, piccole alterazioni anatomiche di forma e di proporzione delle superfici articolari che aumentano il rischio di lussazione.

Nel caso in cui queste caratteristiche appena descritte portino a continui episodi di dislocazione e/o siano associate a dolore si dovrà procedere con un trattamento adeguato; questo in virtù del fatto che ad ogni episodio di lussazione le strutture articolari subiscono continui insulti che possono portare ad alterazioni importanti delle strutture stesse.

Il trattamento conservativo, in assenza di evidenti danni già riconoscibili, rappresenta il primo approccio consigliato. Esso è costituito da un periodo di riabilitazione volto al recupero ed al miglioramento dell’efficienza dei muscoli che stabilizzano l’articolazione, in particolare della cuffia dei rotatori che ricopre la testa dell’omero e che svolge un ruolo fondamentale nella funzione di stabilizzazione. E’ importante che il programma sia svolto sotto l’attenta supervisione di un fisioterapista in quanto il lavoro sulla stabilità richiede un accurato controllo delle modalità di attivazione dei diversi distretti muscolari.

Se, malgrado la fisioterapia volta al rinforzo delle strutture muscolari, l’articolazione della spalla dovesse risultare limitata nei movimenti, soggetta a fenomeni dolorosi o a nuovi episodi di lussazione o dovesse causare quella che viene chiamata una “apprensione”, cioè la paura a ripetere un determinato gesto, sarà necessario ricorrere a un intervento chirurgico per migliorare le condizioni anatomiche della spalla.

Nella maggior parte dei casi l’intervento viene eseguito in artroscopia, una procedura mini-invasiva che si avvale di due o tre piccoli forellini praticati nella spalla, attraverso i quali si introducono una piccola telecamera e gli strumenti chirurgici. La tecnica consiste in un ritensionamento delle strutture capsulo-legamentose associato alla riparazione delle parti anatomiche alterate o lesionate. Riducendo il volume della capsula si riesce ad accorciare sia la capsula che i legamenti e a dare così una maggiore stabilità alla spalla. Dopo l’intervento si deve indossare un tutore per circa 3 settimane e si procede poi con un trattamento di fisioterapia. Questo tipo di intervento, che si svolge in day-hospital e in anestesia loco-regionale, consente di recuperare la necessaria stabilità dell’articolazione.

In alcuni casi, per fortuna pochi, i danni a livello delle strutture sono tali per cui non possono essere trattati con le sole tecniche artroscopiche. Sarà allora necessario procedere con un intervento chirurgico di tipo tradizionale, l’intervento di Latarjet, in cui si esegue una trasposizione di un pezzetto d’osso della scapola fissandolo con una o due viti davanti alla testa dell’omero. La barriera anteriore viene rappresentata dal blocchetto osseo e da un fascio muscolotendineo inserito su di esso, che in questo modo impedisce alla testa dell’omero di fuoriuscire.

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fabioparolini