La stabilizzazione lombare è uno degli obiettivi del trattamento del paziente con instabilità clinica e⁄o anatomica.
Scopri perché è importante, in cosa consiste e i vantaggi della rieducazione dei muscoli stabilizzatori.
LA NOSTRA SCHIENA IN “MATTONCINI” E MUSCOLI STABILIZZATORI
Immaginiamo che la nostra schiena sia formata da tanti mattoncini posti uno sopra l’altro.
Tra questi mattoncini (le vertebre) ci sono:
- cuscinetti (i dischi) che servono da ammortizzatori
- legamenti che hanno la funzione di tiranti che stabilizzano due o più vertebre
- muscoli che contraendosi stabilizzano e/o fanno muovere le vertebre e quindi la schiena
Possiamo suddividere i muscoli della schiena in 3 categorie:
- stabilizzatori locali: (più profondi) tra due vertebre vicine
- stabilizzatori globali: (strato intermedio), tra due vertebre poco distanti tra loro
- mobilizzatori globali: (più superficiali), tra due vertebre molto distanti
Se paragoniamo la nostra colonna a una slitta trainata da 24 cani, uno in fila all’altro, avremo delle cinghie che collegano cane con cane, altre che collegano un cane ogni sei e infine le redini che collegano il primo cane direttamente alla slitta.
I MUSCOLI STABILIZZATORI LOCALI
Gli stabilizzatori locali sono muscoli profondi, dotati di velocitàdi contrazione lenta, che sviluppano poca forza, ma molta resistenza e sono utili al controllo della postura (mantenimento di posizioni fisse) e dei movimenti con carico minimo (senza pesi). La loro attivitàserve a garantire la stabilità articolare fisiologica e, quindi, ad evitare l’eccessivo movimento tra le singole vertebre. L’azionedi questi muscoli aumenta, in modo anticipatorio, già prima di un movimento o del sollevamento di un peso, consentendo così di proteggere e sostenere l’articolazione. La loro contrazione, che è continua ed indipendente dalla direzione dell’azione svolta, non produce unmovimento vero e proprio, ma provoca una sorta di irrigidimento del sistema. Infine, questi muscoli, proprio come dei sensori, hanno l’importante ruolo di informare il cervello circa la posizione e il movimento delle vertebre, così che esso possa gestire correttamente la forza che serve per mantenere stabile la schiena. Quando i muscoli stabilizzatori funzionano bene, lavorano in maniera automatica.
I MUSCOLI STABILIZZATORI GLOBALI
I muscoli collocati in posizione intermedia sono gli stabilizzatori globali: essi hanno la duplice funzione di generare il movimento della schiena e, nel frattempo, controllare il movimento tra le singole vertebre, oltre che rallentare i movimenti con carico minimo: ad esempio le rotazioni, in particolare a livello di tronco, spalle e bacino. La loro attivitànon è continua e dipende dalla direzione di movimento.
I MUSCOLI MOBILIZZATORI GLOBALI
I mobilizzatori globali – quelli che vediamo e riusciamo a toccare attraverso la pelle – più lunghi e superficiali, hanno la funzione principale di produrre e⁄o accelerare il movimento, soprattutto quando si piega e raddrizza la schiena. Anche la loro attivitànon è continua e dipende dalla direzione di movimento.
INSTABILITÀ VERTEBRALE: ANATOMICA E CLINICA
In cosa consiste quindi l’instabilità vertebrale? Essa può essere di due tipologie: anatomica o clinica.
L’instabilità anatomica rientra nell’ambito delle problematiche della struttura, in quanto caratterizzata dalla perdita di contenzione da parte del sistema passivo (vertebre e legamenti), come nel caso di spondilolistesi (scivolamento di una vertebra sull’altra), instabilità in seguito ad interventi chirurgici o fratture. L’instabilità clinica consiste invece in un’insufficiente capacità della muscolatura stabilizzatrice profonda di mantenere le vertebre stabili tra loro nei limiti fisiologici (la cosiddetta zona neutra vertebrale).
Tutto ciò può portare a dolore e disabilità.
Ecco quindi i principali segni e sintomi dell’instabilità clinica, ovvero ciò di cui si lamenta il soggetto:
- dolore al cambiamento di posizione: come alzarsi da una sedia o divano
- difficoltà o impossibilità nel passaggio tra movimenti opposti: come raddrizzare la schiena dopo essersi piegati in avanti
- diminuita resistenza a mantenere una posizione fissa
- sensazione di insicurezza e scarsa qualità dei movimenti.
Il dolore alla schiena, inoltre, può comparire anche in assenza di apparenti sforzi e/o dopo attività fisiche intense.
QUALI CONSEGUENZE AL DEFICIT DEGLI STABILIZZATORI?
Tornando all’esempio della slitta: è come se si impartisse il comando per fare una curva al cane che sta in testa, senza avvisare tutti gli altri in anticipo, ne ben collegati tra loro. Non ricevendo il comando in modo preciso, non produrranno un movimento omogeneo, dirottando così la slitta.
Diversi studi hanno dimostrato che:
- in seguito ad un trauma, si riscontra un deficit di risposta dei muscoli profondi attorno all’articolazione
- a livello lombare, il reclutamento dei muscoli stabilizzatori è ritardato nei soggetti con dolore lombare
- nei soggetti con lombalgia, la capacità di mantenere un corretto posizionamento del bacino e una postura stabile è ridotta
- il deficit di stabilizzazione può continuare anche quando il dolore è cessato.
Sappiamo anche che la muscolatura più superficiale è in grado di sopperire al deficit di quella profonda durante attività fisiche intense, ma essendo meno adatta a svolgere questo compito, si affatica più facilmente comportando un controllo meno fine.
Questo provoca maggiore stress sulla struttura e, di conseguenza, dolore lombare una volta terminata l’attività fisica, dopo alcune ore o il giorno successivo.
Il deficit degli stabilizzatori locali può spiegare anche la presenza, in soggetti non allenati:
- di continuo indolenzimento causato dalle più comuni attività della vita quotidiana
- insorgere di dolore acutosenza aver fatto particolari sforzi
- ripetersi di recidive
COME RIEDUCARE I MUSCOLI STABILIZZATORI
Considerate le caratteristiche dei muscoli stabilizzatori e i sintomi che provocano quando non funzionano in maniera efficiente, la rieducazione consiste in una procedura di stabilizzazioneattraverso esercizi specifici (diversi dai classici esercizi di rinforzo) che si articola in più fasi:
- ri allenare l’attivazione degli stabilizzatori locali per controllare la posizione corretta della schiena
- compiere movimenti che riproducono i sintomi mantenendo la schiena in posizione corretta
- controllo della schiena durante movimenti più complessi per reclutare anche gli stabilizzatori globali
- riequilibrio delle lunghezze muscolari
A tutto ciò vengono aggiunti movimenti contro resistenza, esercizi aerobici, compiti che richiedono velocità di esecuzione, esercizi di coordinazione ed equilibrio.
Occorre considerare anche il ruolo della respirazione e del pavimento pelvico nel mantenere una corretta pressione intraddominale.
COME AFFRONTARE LA RIEDUCAZIONE DEGLI STABILIZZATORI
Gli esercizi vengono scelti dal fisioterapista dopo un’attenta valutazione della schiena del paziente e sono altamente personalizzati, dal momento che tengono conto di sesso, età, sintomi, movimenti o attività che li provocano, postura, attività lavorativa e fisica. Gli esercizi vengono proposti chiedendo al paziente di assumere diverse posizioni (pancia su, pancia giù, a quattro zampe, seduto, in piedi) e prevedono una progressione all’interno delle sedute. I risultati ottenuti, in termini di riduzione o scomparsa del dolore e ritorno all’attività lavorativa o fisica, variano da persona a persona e in base alla condizione di partenza.